OMELIA DEL PAPA ALLA BASILICA DI SAN PAOLO FUORI LE MURA


Per la chiusura della Settimana di Preghiera per l’'Unità dei Cristiani

ROMA, lunedì, 25 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'omelia pronunciata da Benedetto XVI nel presiedere questo lunedì pomeriggio, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, la celebrazione dei secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani sul tema "Di questo voi siete testimoni" (Lc 24, 48).



* * *

Cari fratelli e sorelle,

riuniti in fraterna assemblea liturgica, nella festa della conversione dell’apostolo Paolo, concludiamo oggi l’annuale Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Vorrei salutare voi tutti con affetto e, in particolare, il Cardinale Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e l’Arciprete di questa Basilica, Mons. Francesco Monterisi, con l’Abate e la Comunità dei monaci, che ci ospitano. Rivolgo, altresì, il mio cordiale pensiero ai Signori Cardinali presenti, ai Vescovi ed a tutti i rappresentanti delle Chiese e delle Comunità ecclesiali della Città, qui convenuti.

Non sono passati molti mesi da quando si è concluso l’Anno dedicato a San Paolo, che ci ha offerto la possibilità di approfondire la sua straordinaria opera di predicatore del Vangelo, e, come ci ha ricordato il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani - "Di questo voi siete testimoni" (Lc 24, 48) -, la nostra chiamata ad essere missionari del Vangelo. Paolo, pur serbando viva ed intensa memoria del proprio passato di persecutore dei cristiani, non esita a chiamarsi Apostolo. A fondamento di tale titolo, vi è per lui l’incontro con il Risorto sulla via di Damasco, che diventa anche l’inizio di una instancabile attività missionaria, in cui spenderà ogni sua energia per annunciare a tutte le genti quel Cristo che aveva personalmente incontrato. Così Paolo, da persecutore della Chiesa, diventerà egli stesso vittima di persecuzione a causa del Vangelo a cui dava testimonianza. Scrive nella Seconda Lettera ai Corinzi: "Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato... Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese" (2 Cor 11,24-25.26-28). La testimonianza di Paolo raggiungerà il culmine nel suo martirio quando, proprio non lontano da qui, darà prova della sua fede nel Cristo che vince la morte.

La dinamica presente nell’esperienza di Paolo è la stessa che troviamo nella pagina del Vangelo che abbiamo appena ascoltato. I discepoli di Emmaus, dopo aver riconosciuto il Signore risorto, tornano a Gerusalemme e trovano gli Undici riuniti insieme con gli altri. Il Cristo risorto appare loro, li conforta, vince il loro timore, i loro dubbi, si fa loro commensale e apre il loro cuore all’intelligenza delle Scritture, ricordando quanto doveva accadere e che costituirà il nucleo centrale dell’annuncio cristiano. Gesù afferma: "Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme" (Lc 24,46-47). Questi sono gli eventi dei quali renderanno testimonianza innanzitutto i discepoli della prima ora e, in seguito, i credenti in Cristo di ogni tempo e di ogni luogo. E’ importante, però, sottolineare che questa testimonianza, allora come oggi, nasce dall’incontro col Risorto, si nutre del rapporto costante con Lui, è animata dall’amore profondo verso di Lui. Solo chi ha fatto esperienza di sentire il Cristo presente e vivo – "Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!" (Lc 24,39) -, di sedersi a mensa con Lui, di ascoltarlo perché faccia ardere il cuore, può essere Suo testimone! Per questo, Gesù promette ai discepoli e a ciascuno di noi una potente assistenza dall’alto, una nuova presenza, quella dello Spirito Santo, dono del Cristo risorto, che ci guida alla verità tutta intera: "Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso" (Lc 24,49), dice agli Undici e a noi. Gli Undici spenderanno tutta la vita per annunciare la buona notizia della morte e risurrezione del Signore e quasi tutti sigilleranno la loro testimonianza con il sangue del martirio, seme fecondo che ha prodotto un raccolto abbondante.

La scelta del tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno, l’invito, cioè, ad una testimonianza comune del Cristo risorto secondo il mandato che Egli ha affidato ai discepoli, è legata al ricordo del centesimo anniversario della Conferenza missionaria di Edimburgo in Scozia, che viene considerato da molti come un evento determinante per la nascita del movimento ecumenico moderno. Nell’estate del 1910, nella capitale scozzese si incontrarono oltre mille missionari, appartenenti a diversi rami del Protestantesimo e dell’Anglicanesimo, a cui si unì un ospite ortodosso, per riflettere insieme sulla necessità di giungere all’unità per annunciare credibilmente il Vangelo di Gesù Cristo. Infatti, è proprio il desiderio di annunciare agli altri il Cristo e di portare al mondo il suo messaggio di riconciliazione che fa sperimentare la contraddizione della divisione dei cristiani. Come potranno, infatti, gli increduli accogliere l’annuncio del Vangelo se i cristiani, sebbene si richiamino tutti al medesimo Cristo, sono in disaccordo tra loro? Del resto, come sappiamo, lo stesso Maestro, al termine dell’Ultima Cena, aveva pregato il Padre per i suoi discepoli: "Che tutti siano una sola cosa… perché il mondo creda" (Gv 17,21). La comunione e l’unità dei discepoli di Cristo è, dunque, condizione particolarmente importante per una maggiore credibilità ed efficacia della loro testimonianza.

Ad un secolo di distanza dall’evento di Edimburgo, l’intuizione di quei coraggiosi precursori è ancora attualissima. In un mondo segnato dall’indifferenza religiosa, e persino da una crescente avversione nei confronti della fede cristiana, è necessaria una nuova, intensa, attività di evangelizzazione, non solo tra i popoli che non hanno mai conosciuto il Vangelo, ma anche in quelli in cui il Cristianesimo si è diffuso e fa parte della loro storia. Non mancano, purtroppo, questioni che ci separano gli uni dagli altri e che speriamo possano essere superate attraverso la preghiera e il dialogo, ma c’è un contenuto centrale del messaggio di Cristo che possiamo annunciare tutti assieme: la paternità di Dio, la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte con la sua croce e risurrezione, la fiducia nell’azione trasformatrice dello Spirito. Mentre siamo in cammino verso la piena comunione, siamo chiamati ad offrire una testimonianza comune di fronte alle sfide sempre più complesse del nostro tempo, quali la secolarizzazione e l’indifferenza, il relativismo e l’edonismo, i delicati temi etici riguardanti il principio e la fine della vita, i limiti della scienza e della tecnologia, il dialogo con le altre tradizioni religiose. Vi sono poi ulteriori campi nei quali dobbiamo sin da ora dare una comune testimonianza: la salvaguardia del Creato, la promozione del bene comune e della pace, la difesa della centralità della persona umana, l’impegno per sconfiggere le miserie del nostro tempo, quali la fame, l’indigenza, l’analfabetismo, la non equa distribuzione dei beni.

L’impegno per l’unità dei cristiani non è compito solo di alcuni, né attività accessoria per la vita della Chiesa. Ciascuno è chiamato a dare il suo apporto per compiere quei passi che portino verso la comunione piena tra tutti i discepoli di Cristo, senza mai dimenticare che essa è innanzitutto dono di Dio da invocare costantemente. Infatti, la forza che promuove l’unità e la missione sgorga dall’incontro fecondo e appassionante col Risorto, come avvenne per San Paolo sulla via di Damasco e per gli Undici e gli altri discepoli riuniti a Gerusalemme. La Vergine Maria, Madre della Chiesa, faccia sì che quanto prima possa realizzarsi il desiderio del Suo Figlio: "Che tutti siano una sola cosa… perché il mondo creda" (Gv 17,21). Amen.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana. Con brevi aggiunte a braccio a cura di ZENIT



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SACERDOTI ESEMPLARI E DIFESA DI VITA E FAMIGLIA


Il sogno del Cardinale Angelo Bagnasco

di Antonio Gaspari


ROMA, lunedì, 25 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Sacerdoti esemplari e una nuova generazione di italiani in difesa della vita della famiglia e della civiltà. Questo il sogno confessato dal Cardinale Angelo Bagnasco nella prolusione al Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), a Roma questo lunedì pomeriggio.

Il presidente della CEI ha confidato di avere "un sogno" di quelli "che si fanno ad occhi aperti", e cioè che "questa stagione contribuisse a far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro ad essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni".

"Ci vuole una comunità cristiana in cui i fedeli laici imparino a vivere con intensità il mistero di Dio nella vita, esercitandosi ai beni fondamentali della libertà, della verità, della coscienza", ha precisato il porporato, perché "cresce l'urgenza di uomini e donne capaci, con l'aiuto dello Spirito, di incarnare questi ideali e di tradurli nella storia non cercando la via meno costosa della convenienza di parte comunque argomentata, ma la via più vera, che dispiega meglio il progetto di Dio sull'umanità, e perciò capaci di suscitare nel tempo l'ammirazione degli altri, anche di chi è mosso da logiche diverse".

In merito ai valori che devono costituire "il fondamento della civiltà", l'Arcivescovo di Genova ha indicato "la vita umana comunque si presenti e ovunque palpiti, la famiglia formata da un uomo e una donna e fondata sul matrimonio, la responsabilità educativa, la solidarietà verso gli altri, in particolare i più deboli, il lavoro come possibilità di realizzazione personale, la comunità come destino buono che accomuna gli uomini e li avvicina alla meta".

Il presidente della CEI si è mostrato particolarmente sensibile all'Anno Sacerdotale in corso, e ha detto ai confratelli che "sarà importante, in questo tempo, tornare ad interrogarsi sui fondamentali della nostra esperienza sacerdotale, e domandarsi se la nostra vita è strutturata sulla preghiera, e in modo particolare sulla santa Messa e la Liturgia delle Ore, sulla regolare e frequente confessione sacramentale; se siamo pervasi dalla Parola di Dio, ed essa è - più del cibo e delle cose di questo mondo - il nutrimento delle nostre esistenze, impronta del nostro agire e forma del nostro pensare"

"Se aderiamo - ha continuato - senza riserve al nuovo stile di vita proprio del consacrato a Dio; se sappiamo immedesimarci a Cristo, cercando di aderire affettivamente a Lui con i nostri pensieri, la nostra volontà, i sentimenti; se sappiamo trascorrere del tempo e del tempo privilegiato in adorazione dell'Eucaristia; se siamo fedeli agli esercizi spirituali; se accettiamo un'amorosa sottomissione alla volontà di Dio che è adesione anche alle esigenze del ministero, quale che sia, nell'obbedienza pronta e generosa alla Chiesa".

E ancora "se ci dedichiamo agli altri e alla loro salvezza senza rifiutare di partecipare personalmente al caro prezzo della redenzione; se diamo al nostro ministero una radicale forma comunitaria, se è cioè vissuto nella comunione dei presbiteri con il Vescovo; se la passione per gli altri include lo sguardo che avrebbe Gesù al nostro posto e nella promozione del loro disegno di vita, della loro personale vocazione; se per ciò in cui crediamo siamo disposti ad affrontare anche incomprensioni e, quando ci sono, prove e sofferenze".

"In fondo - ha concluso - c'è, per i nostri altri, una prova che noi siamo come il Signore ci vuole: è la gioia di essere preti, gioia mite ma intrattenibile, che dagli occhi traspare e solitamente colpisce chi ci incontra, ed è contagiosa tra i confratelli".


fonte: ZENIT - agenzia di notizie


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IL MERLUZZO SFRATTA IL PAPA


di Antonio Socci

da "Libero" del 21.1.2010

"Il merluzzo è un pessimo genitore: Adora il sesso di gruppo, fa tantissimi figli e non se ne cura per niente" Questa fondamentale notizia ieri è stata sparata addirittura in prima pagina dal Corriere della Sera...

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Se anche Benedetto XVI e Pio XII diventano vittime del pregiudizio


da: Il Corriere della Sera, 20.01.2010

di BERNARD-HENRI LÉVY

Bisognerebbe smetterla con la malafede, il partito preso e, per dirla tutta, la disinformazione, non appena si tratta di Benedetto XVI. Fin dalla sua elezione, si è intentato un processo al suo «ultraconservatorismo», ripreso di continuo dai mass media (come se un Papa potesse essere altra cosa che «conservatore»). Si è insistito con sottintesi, se non addirittura con battute pesanti, sul «Papa tedesco», sul «post-nazista» in sottana, su colui che la trasmissione satirica francese «Les Guignols» non esitava a soprannominare «Adolfo II».

Si sono falsificati, puramente e semplicemente, i testi: per esempio, a proposito del suo viaggio ad Auschwitz del 2006, si sostenne e — dal momento che col passar del tempo i ricordi si fanno più incerti — ancor oggi si ripete che avrebbe reso onore alla memoria dei sei milioni di morti polacchi, vittime di una semplice «banda di criminali», senza precisare che la metà di loro erano ebrei (la controverità è davvero sbalorditiva, poiché Benedetto XVI in quell’occasione parlò effettivamente dei «potenti del III Reich» che tentarono «di eliminare» il «popolo ebraico» dal «rango delle nazioni della Terra» Le Monde, 30/5/2006).

Ed ecco che, in occasione della visita del Papa alla sinagoga di Roma e dopo le sue due visite alle sinagoghe di Colonia e di New York, lo stesso coro di disinformatori ha stabilito un primato, stavo per dire che ha riportato la palma della vittoria, poiché non ha aspettato nemmeno che il Papa oltrepassasse il Tevere per annunciare, urbi et orbi, che egli non aveva saputo trovare le parole che bisognava dire, né compiuto i gesti che bisognava fare e che dunque aveva fallito nel suo intento…

Allora, visto che l’evento è ancora caldo, mi si consentirà di mettere qualche puntino su qualche «i». Benedetto XVI, quando si è raccolto in preghiera davanti alla corona di rose rosse deposta di fronte alla targa commemorativa del martirio dei 1021 ebrei romani deportati, non ha fatto che il suo dovere, ma l’ha fatto. Benedetto XVI, quando ha reso omaggio ai «volti» degli «uomini, donne e bambini» presi in una retata nell’ambito del progetto di «sterminio del popolo dell’Alleanza di Mosè», ha detto un’evidenza, ma l’ha detta.

Di Benedetto XVI che riprende, parola per parola, i termini della preghiera di Giovanni Paolo II, dieci anni fa, al Muro del Pianto; di Benedetto XVI che chiede quindi «perdono» al popolo ebraico devastato dal furore di un antisemitismo per lungo tempo di essenza cattolica e nel farlo, ripeto, legge il testo di Giovanni Paolo II, bisogna smettere di ripetere, come somari, che egli è indietro-rispetto-al-suo-predecessore.

A Benedetto XVI che dichiara infine, dopo una seconda sosta davanti all’iscrizione che commemora l’attentato commesso nel 1982 dagli estremisti palestinesi, che il dialogo ebraico cattolico avviato dal Concilio Vaticano II è ormai «irrevocabile»; a Benedetto XVI che annuncia di aver l’intenzione di «approfondire» il «dibattito fra uguali» che è il dibattito con i «fratelli maggiori» che sono gli ebrei, si possono fare tutti i processi che si vuole, ma non quello di «congelare» i progressi compiuti da Giovanni XXIII.

Quanto alla vicenda molto complessa di Pio XII, ci tornerò, se necessario. Tornerò sul caso di Rolf Hochhuth, autore del famoso «Il vicario», che nel 1963 lanciò la polemica sui «silenzi di Pio XII». In particolare, tornerò sul fatto che questo focoso giustiziere è anche un negazionista patentato, condannato più volte come tale e la cui ultima provocazione, cinque anni fa, fu di prendere le difese, in un’intervista al settimanale di estrema destra Junge Freiheit, di colui che nega l’esistenza delle camere a gas, David Irving.

Per ora, voglio giusto ricordare, come ha appena fatto Laurent Dispot nella rivista che dirigo, La règle du jeu, che il terribile Pio XII, nel 1937, quando ancora era soltanto il cardinale Pacelli, fu il coautore con Pio XI dell’Enciclica «Con viva preoccupazione», che ancora oggi continua ad essere uno dei manifesti antinazisti più fermi e più eloquenti. Per ora, dobbiamo per esattezza storica precisare che, prima di optare per l’azione clandestina, prima di aprire, senza dirlo, i suoi conventi agli ebrei romani braccati dai fascisti, il silenzioso Pio XII pronunciò alcune allocuzioni radiofoniche (per esempio Natale 1941 e 1942) che gli valsero, dopo la morte, l’omaggio di Golda Meir: «Durante i dieci anni del terrore nazista, mentre il nostro popolo soffriva un martirio spaventoso, la voce del Papa si levò per condannare i carnefici».

E, per ora, ci si meraviglierà soprattutto che, dell’assordante silenzio sceso nel mondo intero sulla Shoah, si faccia portare tutto il peso, o quasi, a colui che, fra i sovrani del momento: a) non aveva cannoni né aerei a disposizione; b) non risparmiò i propri sforzi per condividere, con chi disponeva di aerei e cannoni, le informazioni di cui veniva a conoscenza; c) salvò in prima persona, a Roma ma anche altrove, un grandissimo numero di coloro di cui aveva la responsabilità morale. Ultimo ritocco al Grande Libro della bassezza contemporanea: Pio o Benedetto, si può essere Papa e capro espiatorio.

traduzione di Daniela Maggioni



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- DECRETUM CONTRA COMMUNISMUM - testo in latino e italiano









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A MADRID, GRANDE MANIFESTAZIONE A DIFESA DELLA FAMIGLIA – IL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


Madrid, domenica 27 dicembre 2009.

Leggiamo su “Avvenire”: Il manifesto che annunciava la cerimonia, il 27 dicembre a Madrid, rappresentava una famiglia – la Sacra Famiglia, ma anche un comune nucleo formato da padre, madre e figlio – sul classico sfondo blu-Ue, circondata dalle stelle dell’Europa. Lo slogan scelto dall’arcidiocesi di Madrid e dal Cammino neocatecumenale – “Il futuro dell’Europa passa per la famiglia” – si ispira a una frase pronunciata da Giovanni Paolo II, nel 1982, proprio nella stessa Piazza di Lima dove si celebrerà l’eucaristia. Ventisette anni dopo, quelle parole appaiono ancora più attuali.

La stessa Spagna che oggi è fanalino di coda della demografia europea e laboratorio di numerosi strappi legislativi in direzione opposta alla famiglia tradizionale, è stata ospite anfitrione di una Eucarestia della Famiglia che ha visto la partecipazione di quasi un milione di persone. Nonostante il freddo, nonostante la neve, a Madrid sono arrivate famiglie da tutta Europa: 10.000 italiani, per lo più del Cammino Neocatecumenale, ma anche di diverse diocesi, francesi, olandesi, tedeschi, polacchi. ….

……”È una giornata di grande festa – come ha spiegato il presidente della sottocommissione episcopale Famiglia e Vita della Conferenza spagnola, il vescovo di Alcalà Juan Antonio Reig Pla – per promuovere una società degna per la persona umana, che rispetti la vita e l’amore dei coniugi». Un’orazione per oggi e per il futuro: «Nella misura in cui l’Europa avrà famiglie solide, un ambito dove può nascere la vita umana e dove questa può essere educata, custodita con la pedagogia propria dell’amore, allora l’Europa sarà forte e la Spagna sarà forte» ha detto monsignor Reig Pla. Il messaggio lanciato dalla Piazza di Lima è chiaro: «Ancorati alla fede di Gesù Cristo, con il senso di appartenenza alla Chiesa, i nostri coniugi, nonostante la precarietà e le difficoltà, vogliono vivere un amore fedele e aprirsi generosamente alla vita». La Spagna, il Paese con «la natalità più bassa di tutta Europa», ha bisogno «di una grande risposta solida e decisa da parte delle proprie famiglie, affinché attraverso una natalità generosa possiamo mantenere la civiltà cristiana che ha dato senso ai popoli spagnoli…”

Dal sito della Radio Vaticana, riportiamo l’appello del Papa a Roma, all’Angelus:

Appello del Papa all'Angelus a sostenere la famiglia, icona di Dio. La preghiera per le famiglie in difficoltà

Nella Festa della Santa Famiglia il Papa all’Angelus, di fronte a migliaia di pellegrini riuniti in Piazza San Pietro, ha lanciato un nuovo appello a sostenere e promuovere la famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Ha ribadito che i figli sono dono di Dio e non possesso dei genitori e ha rivolto una speciale preghiera per le famiglie in difficoltà. Quindi, in collegamento video, ha salutato i partecipanti alla festa della Santa Famiglia a Madrid. Il servizio di Sergio Centofanti.


Il Papa invita a contemplare la scena dei pastori che nella Grotta di Betlemme si trovano “di fronte non solo il Bambino Gesù, ma una piccola famiglia: mamma, papà e figlio appena nato. Dio – ha sottolineato - ha voluto rivelarsi nascendo in una famiglia umana, e perciò la famiglia umana è diventata icona di Dio!”:


“Dio è Trinità, è comunione d’amore, e la famiglia ne è, in tutta la differenza tra il mistero divino e la sua creatura umana, una espressione che riflette il mistero insondabile del Dio-Amore. L’uomo e la donna, creati ad immagine di Dio, diventano nel matrimonio ‘un’unica carne’ (Gen 2,24), cioè una comunione di amore che genera nuova vita. La famiglia umana, in un certo senso, è icona della Trinità per l’amore interpersonale e per la fecondità dell'amore”.


Commenta quindi il Vangelo odierno di Gesù dodicenne che rimane nel Tempio, a Gerusalemme, all’insaputa dei suoi genitori. Alla Madre che gli chiede spiegazioni, Gesù risponde che deve occuparsi delle cose del Padre suo:


“Domandiamoci: da chi aveva appreso Gesù l’amore per le ‘cose’ del Padre suo? Certamente, come Figlio, ha avuto un'intima conoscenza di Dio, una profonda relazione personale, permanente, con suo Padre, ma nella sua cultura concreta ha certamente imparato le preghiere, l'amore del Tempio e delle istituzioni d'Israele dai suoi genitori. Dunque, possiamo affermare che la decisione di Gesù di rimanere nel Tempio era soprattutto frutto della sua intima relazione col Padre ma anche frutto dell’educazione ricevuta da Maria e da Giuseppe”.


“Qui – ha proseguito il Papa - possiamo intravedere il senso autentico dell’educazione cristiana” come “frutto di una collaborazione sempre da ricercare tra gli educatori e Dio”:


“La famiglia cristiana è consapevole che i figli sono dono e progetto di Dio. Pertanto, non li può considerare come proprio possesso, ma, servendo in essi il disegno di Dio, è chiamata ad educarli alla libertà più grande, che è proprio quella di dire ‘sì’ a Dio per fare la sua volontà. Di questo ‘sì’ la Vergine Maria è l’esempio perfetto. A lei affidiamo tutte le famiglie, pregando in particolare per la loro preziosa missione educativa”.


Il Papa ha poi rivolto in spagnolo un particolare saluto – in collegamento video - ai partecipanti alla festa della Santa Famiglia a Madrid:


“Dios, habiendo venido al mundo en el seno de una familia, manifiesta...
Dio essendo venuto al mondo nel seno di una famiglia, mostra che questa istituzione è un cammino sicuro per incontrarlo e conoscerlo ... Quindi uno dei più importanti servizi che noi cristiani possiamo rendere agli altri è offrire la nostra testimonianza, serena e ferma, della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna, salvaguardandolo e promuovendolo, essendo tale istituzione di somma importanza per il presente e il futuro dell’umanità. In effetti, la famiglia è la migliore scuola nella quale si impara a vivere quei valori che danno dignità alla persona e fanno grandi i popoli. In essa, inoltre, si condividono i dolori e le gioie, sentendosi tutti avvolti dall’amore che regna in casa per il solo fatto di essere membri della stessa famiglia. Chiedo a Dio che nei vostri focolari si respiri sempre questo amore di totale dedizione e fedeltà che Gesù ha portato nel mondo con la sua nascita, alimentandolo e rafforzandolo con la preghiera quotidiana, la pratica costante delle virtù, la reciproca comprensione e il mutuo rispetto”.


Infine, il Papa si è rivolto ai pellegrini italiani riuniti in Piazza San Pietro:


“In questa domenica della Santa Famiglia rivolgo un caloroso saluto a tutte le famiglie di Roma e d’Italia, con una preghiera speciale per quelle che attraversano maggiori difficoltà. Il Signore vi benedica!



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IL CONCILIO TRADITO - Padre Cavalcoli racconta le derive teologiche del post Concilio

Abbiamo il piacere di proporvi un’intervista rilasciata ad Antonio Gaspari da Padre Giovanni Cavalcoli, autore del libroKarl Rahner – Il Concilio traditoedito da Fede & Cultura.

Questo testo di Cavalcoli è di grande attualità e importanza, perché affronta, confutandole con argomentazioni chiare e profonde, alcune tesi postconciliari che contengono gravi errori dottrinali.

Mentre ringraziamo l’amico Antonio Gaspari per l’intervista, Vi consigliamo anche di leggere la recensione di Piero Vassallo sull’inserto “libri”, selezionabile andando in home page di LA RISCOSSA CRISTIANA


di Antonio Gaspari

E’ appena uscito in libreria il libro del professor Giovanni Cavalcoli o.p. “Karl Rahner – Il Concilio tradito” edito da Fede & Cultura.

Si tratta di un libro straordinario, dove il domenicano Padre Cavalcoli affronta con coraggio e competenza i tanti problemi che sono emersi nella Chiesa nel periodo post conciliare.

Il professore di Teologia Dogmatica e Morale presso lo Studio Teologico Accademico Bolognese analizza in maniera puntuale e accurata la teologia del professore gesuita Karl Rahner, indicata da molti come quella che ha creato più problemi.

Il libro di Cavalcoli analizza una delle questioni più importanti, della Chiesa di oggi e cioè la retta interpretazione e quindi la giusta applicazione del Concilio Vaticano II.

Il docente domenicano ricorda che gli ultimi Pontefici, sino a Benedetto XVI, sono intervenuti più volte e in vari modi su questo argomento lamentando cattive interpretazioni ed esortando ad interpretare il Concilio in conformità a quel medesimo Magistero della Chiesa che è alla base delle sue dottrine.

Cavalcoli ricorda anche come il ruolo della teologia di Rahner nella confusione del post concilio è stato più volte sottolineato.

Già negli anni sessanta il Cardinale Pietro Parente, già Segretario del SantUffizio, scrisse un saggio dal titolo “ La crisi della verità e il Concilio Vaticano II” (Istituto Padano di Arti Grafiche, Rovigo, 1983), in cui si evidenziava la crisi dottrinale che è seguita al Concilio, causata non certo da esso, ma da un ritorno alle utopie eretiche del ‘modernismo’. E a questo proposito, veniva criticata la teologia di Karl Rahner.

Più di recente si è svolto un congresso teologico internazionale organizzato dai dell’Immacolata dal titolo “Da Karl Rahner, un’analisi critica. La figura, lopera e la recezione teologica di Karl Rahner (1904-1984)”. Gli atti sono stati raccolti in un libro a cura di Padre Serafino M. Lanzetta, (Editrice Cantagalli, Siena, 2009)

Il prof. Giovanni Cavalcoli o.p. è autore di un numero impressionante di saggi e libri. Dal 1978 al 1982 docente di Filosofia presso lo Studio Teologico Accademico Bolognese. Dal 1980 al 1982 docente di Psicologia e Metafisica presso il Seminario Arcivescovile di Ravenna. Dal 1982 al 1990 Officiale della Segreteria di Stato del Vaticano. Dal 1988 al 1990 docente di Teologia presso la Facoltà di Magistero “Maria Assunta” di Roma. Dal 1990 docente di Filosofia presso lo Studio Filosofico Domenicano di Bologna.

Dal 1992 al 2004 docente stabile straordinario di Teologia Dogmatica e Morale presso lo Studio Teologico Accademico Bolognese – Sezione San Domenico. Dal 1992 Socio ordinario della Pontificia Accademia Teologica Romana, oggi Pontificia Academia Theologica.

Per quanto riguarda la teologia di Karl Rahner, il prof. Cavalcoli è uno dei maggiori studiosi.

Nel libro Karl Rahner – Il Concilio tradito” ogni singola questione viene confrontata con il Magistero e le tesi scritte da Rahner.

La critica è profonda, chiara, documentata e argomentata.

Per comprendere il contesto e le implicazioni di una tale riflessione teologica Antonio Gaspari, per La Riscossa Cristiana ha intervistato il prof. Giovanni Cavalcoli o.p.

Sul Concilio e sui suoi insegnamenti ci sono tesi diverse e contrapposte. Lei parla di Concilio Tradito. Che vuole dire?

Cavalcoli: Intendo rifarmi all’interpretazione autentica del Concilio, che proviene dai documenti del Magistero della Chiesa, della Santa Sede e del Papa dalla fine del Concilio ad oggi. È in riferimento a tale interpretazione che parlo di “Concilio tradito”, in quanto intendo respingere le interpretazioni che divergono da quelle fatte dalla Chiesa.

Secondo alcuni Karl Rahner è il “grande architetto della teologia del secolo XX”, un Capo indiscusso della teologia “moderna”. Mentre nel suo libro lei sostiene che molte tesi della teologia di Rahner sono così erronei da essere prossimi all’eresia. Ci fa qualche esempio?

Risposta: Certamente. Elenco qualcuna di queste tesi: 1) l’identità dell’essere col pensiero estesa a tutto il reale, mentre quest’identità appartiene solo a Dio. Questo è panteismo; 2) la confusione dell’essere con l’essere pensato (“esperienza trascendentale”). Questo è idealismo; 3) l’idea che Dio muti con la conseguente negazione delle due nature di Cristo. Questa è negazione del dogma dell’incarnazione; 4) la conoscenza di Dio senza la mediazione del mondo. Questo è ontologismo; 5) la persona divina come modo di sussistenza. Questo è modalismo; 6) la negazione dell’universalità e immutabilità del concetto (“piano categoriale”). Questo è relativismo; 7) la mutabilità e relatività dei concetti dogmatici. Questo è modernismo; 8) l’idea di Dio come “orizzonte della trascendenza dell’uomo”. Questo è ancora panteismo; 9) l’assorbimento della natura nella grazia (“esistenziale soprannaturale”). Questo è soprannaturalismo; 10) la riduzione della grazia a natura: secolarismo (“svolta antropologica”); 11) la persona umana come coscienza e libertà. Questo è idealismo; 12) l’idea che tutti sono in grazia. Questa è la negazione del dogma del peccato (“cristiani anonimi”); 13) la negazione dell’oggettività ed universalità della natura umana. Questo è relativismo antropologico; 14) la negazione dell’immortalità dell’anima; 15) negazione della legge morale universale ed immutabile (“etica esistenziale formale”). Questo è relativismo morale; 16) la negazione del sacrificio espiatorio di Cristo, con la conseguente negazione del sacerdozio e della Messa. Questa è la negazione del dogma della redenzione.

Indubbiamente occorrerebbe spiegare per ognuna di queste tesi perché e come o sono eresie o prossime all’eresia. A titolo di esempio, mi limito ad illustrarne qualcuna, tra le più gravi, sempre con la possibilità di un errore di interpretazione da parte mia. Ma se sbaglio, chiedo che mi venga mostrato. Per le altre, rimando al mio libro e alla letteratura critica che vi ho citato. Osservo inoltre che è possibile che Rahner stesso non si sia reso conto di questi errori, così come pure coloro che lo seguono. Porrò prima la dichiarazione di Rahner e sotto la dottrina della Chiesa.

Tesi 3: “La realtà assoluta, o più esattamente colui che è assoluto, nella pura libertà della sua infinita arelazione, che sempre conserva, ha la possibilità di divenire egli stesso l’altro, il finito, la possibilità di Dio; proprio nel fatto e per il fatto di alienarsi, di concedersi. Pone l’altro come sua propria realtà”(Cit. da H.Küng, Incarnazione di Dio, Ed.Queriniana, Brescia 1972, pp.646-647.

“Sancta catholica apostolica Romana Ecclesia credit et confitetur unum esse Deum, … una singularis simplex omnino et incommutabilis substantia spiritualis”, Concilio Vaticano I, Costituzione dogmatica “Dei Filius”, c.I, Denzinger 3001.

“Sequentes sanctos Patres, unum eundemque confiteri Filium Dominum nostrum Iesum Christum consonanter omnes docemus … in duabus naturis inconfuse, immutabiliter, indivise, inseparabiliter agnoscendum …”. Definizione del dogma cristologico del Concilio di Calcedonia del 451 (Denzinger 302).

Tesi 5: “L’unica autocomunicazione dell’unico Dio si attua intre diversi modi di presenza nei quali l’unico e medesimo Dio ci è dato concretamente in se stesso. … . … L’unico Dio sussiste in tre distinti modi di sussistenza. … La concreta realtà di Dio ci viene incontro in modi diversiLa Trinità, Ed.Queriniana, Brescia 1998, p.105.

“Il modalismo è un’eresia trinitaria fiorita nei secc.II-III e consistente essenzialmente nell’asserire che nella SS.Trinità il Padre, il Figlio e lo Spirito santo non sono persone tra loro realmente distinte, ma solo modi diversi di manifestarsi e di agire di un’unica persona divina. E’ detto anche ‘sabellianismo’”, Enciclopedia cattolica, vol.VIII, coll.1162-1163, voce “Modalismo”. Il modalismo fu condannato dal Concilio Costantinopolitano I, can.1 nel 381(Denzinger 151) in questi termini: “Fidem non esse violandam Patrum qui apud Nicaeam convenerunt”(Concilio di Nicea), “sed manere eam firmam et stabilem, et anathematizandam omnem haeresim, et specialiter … Sabellianorum …”. La persona divina non è un modo di sussistenza, ma è un sussistente e precisamente unarelazione sussistente: “In Deo omnia sunt unum, ubi non obviat relationis oppositio” (Concilio di Firenze del 1442, Denzinger 1330).

Tesi 6 “Il concetto è un’asserzione storicamente condizionata”, Nuovi saggi, vol.I, Ed.Paoline 1968, pp.105-106. “L’idoneità di un concetto per comprendere un contenuto può mutare, senza che la Chiesa … possa impedirlo”, La Trinità, p.104. “Anche la convinzione più vera, oggettivata in proposizioni e dottrine, non costituisce ancora una garanzia di ‘essere’ nella ‘verità’ dell’esistenza”, Nuovi saggi, vol.I, Ed.Paoline 1968, p.92. “un uomo, nella suastoricità, non è affatto in grado di distinguere in maniera riflessamente adeguata la propria veste storica della verità da quest’ultima come tale, nella sua permanente validità”, Nuovi saggi, vol.V, p.332; “Sempre e dappertutto l’uomo, nelle sue decisioni assolute ed irrivedibili della sua vita, si basa su realtà storiche sulla cui esistenza e natura egli non possiede teoreticamente alcuna assoluta sicurezza”, Corso fondamentale sulla fede, Ed.Paoline 1978, p.305.

“Veritas non est immutabilis plus quam ipse homo, quippe quae cum ipso, in ipso et per ipsum evolvitur”. Proposizione condannata tra gli errori dei modernisti dal Decreto del S.Uffizio del 1907 “Lamentabili”, prop.n.58 (Denzinger 3458).

Tesi 12: “La grazia non ha bisogno di essere pensata comeevento intermittente di Dio in un mondo in sé profano, ma è un esistenziale della creatura spirituale permanentementedato, che finalizza la creatura al contatto immediato con Dio. … E’ sempre insita nella natura e nella storia dell’uomo, quale sua dinamica e sua finalizzazione. E’ un oggetto spirituale a priori”, Nuovi saggi, vol.V, Ed.Paoline 1975, p.689.

“Si quis dixerit, amissa per peccatum gratiam simul et fidem semper amitti, … , anathema sit”. Concilio di Trento, Canoni sulla Giustificazione, n.28, (Denzinger 1578).

Tesi 16. “Con tutta prudenza si può dire che i concetti paolini di ‘sacrificio’, di ‘riscatto’, ‘sangue di riconciliazione’, ecc. non rispecchiano la comprensione originaria della portata salvifica universale della croce di Gesù”, Teologia dell’esperienza dello Spirito, Ed.Paoline 1978, p.326; “Se diciamo che questo sacrificio va inteso come libero atto di obbedienza al Padre da parte di Gesù; … che Dio … dà al mondo la possibilità di soddisfare alla giusta santità divina, … abbiamo non solo chiarito, bensì anche criticato l’idea divittima espiatrice”, Corso fondamentale sulla fede, pp.364-365.

“La morte di Cristo è il sacrificio pasquale che compie laredenzione definitiva degli uomini; … di nuovo mette l’uomo in comunione con Dio riconciliandolo con lui mediante ilsangue ‘versato per la remissione dei peccati’ (Mt 26,28)”,Catechismo della Chiesa cattolica, n. 613. “Nel medesimo tempo è offerta del Figlio di Dio fatto uomo che, liberamente e per amore, offre la propria vita al Padre nello Spirito Santo per riparare la nostra disobbedienza”, n.614. “E’ l’amore ‘sino alla fine’(Gv 13,1), che conferisce valore di redenzione e di riparazione, di espiazione e di soddisfazione al sacrificio di Cristo”, n.615. Con la negazione del sacrificio di Cristo crolla evidentemente anche la dottrina del sacerdozio e della S.Messa, in quanto, come insegna il Concilio di Trento (Dottrina sul Sacrificio della Messa, Denzinger 1743), “in hoc divino sacrificio idem ille Christus continetur et incruenterimmolatur, qui in ara crucis semel seipsum cruenter obtulit”. Ed il compito del sacerdote è appunto quello di offrire il sacrificio, che, nel caso del cristianesimo, è lo stesso sacrificio di Cristo attualizzato incruentemente (Eb 5,1).

Sempre nel suo libro lei accomuna le tesi di Rahner a una corrente di pensiero che ha prodotto “disaffezione per la verità, saccenteria, superbia, sete di potere ed empietà, ribellione al Magistero e al Papa, cedimento agli errori della modernità, assenza di confutazione degli errori, profanazione della liturgia”. Accuse gravissime, quali le prove?

Cavalcoli: le prove si ricavano dalla considerazione degli stessi errori di Rahner, perché ne sono le cause. Essi non possono che portare a quei risultati. I vizi e i difetti che elenco vanno soggetti però a molti gradi. Sono gravissimi solo nel loro grado massimo. Non intendo riferirmi necessariamente al tale grado massimo e non intendo dire che tale grado sia frequente. Solo così le mie accuse sarebbero gravissime. Ciò che invece constato di solito è la loro presenza in un grado modesto o a volte anche minimo. Ma ciò non significa che anche in questo grado queste cose non siano pericolose per la vita morale.

Secondo quanto lei ha scritto il Rahnerismo, col pretesto dell’apertura al mondo moderno, del dialogo, del pluralismo, della democrazia, della libertà religiosa e di ricerca, dell’ecumenismo, dell’ispirazione dello Spirito Santo, ha eliminato nel Corpo di Cristo le difese immunitarie, rendendo insipida o discutibile la Parola di Dio, e ha tolto il muro di cinta della Vigna del Signore”. Come ha fatto Rahner a compiere queste azioni e perché?

Cavalcoli: Perché ha frainteso il vero spirito del Concilio, quasi che esso fosse un ritorno di modernismo e rinunciasse alla tradizionale condanna degli errori. Inoltre egli ha affrontato la trattazione di tutti quei temi e quei valori senza quel discernimento e quello spirito critico che gli sarebbero stati forniti da una sana preparazione filosofica e teologica fondata sulla fedeltà al Magistero della Chiesa e in special modo a S.Tommaso d’Aquino, raccomandato dal ConcilioVaticano II e da secoli dai Papi come guida negli studi filosofici e teologici.

È vero che lei ha avuto difficoltà nella pubblicazione di questo libro?

Cavalcoli: I miei Superiori in un primo tempo non volevano concedermi la licenza di pubblicazione, prevista dalle leggi del mio Ordine, elencando una serie di punti che, a loro giudizio, impedivano ad essi di darmi tale licenza. Tuttavia mi hanno esortato a proseguire le mie ricerche e a migliorare la mia esposizione. Ho tenuto conto delle loro critiche e alla fine mi hanno concesso il permesso.

E come se ne esce dal Rahnerismo per una corretta interpretazione del Concilio?

Cavalcoli: Si devono riconoscere gli aspetti positivi del pensiero rahneriano, presenti soprattutto nel Rahner giovane, che giustamente meritò l’onore di fungere da perito del Concilio. In secondo luogo occorre correggere i suoi errori alla luce della dottrina della Chiesa e della sana filosofia. In terzo luogo occorre un intervento prudente, mirato, sistematico ed organizzato dell’episcopato sotto la guida della Santa Sede per quest’opera di correzione, che richiederà molto tempo, ma che, con l’assistenza dello Spirito Santo, giungerà certamente a buon fine. Solo allora si potrà dire che il Concilio sarà veramente realizzato.


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